orchestra solare
genesi / scritti
Quando Osvaldo mi accennò per la prima volta dell’idea di utilizzare la luce del sole per creare una combinazione di più espressione artistiche, nella primavera del 1978, ne fui subito affascinato. Avevamo parlato più volte tra di noi della ricerca di un’arte ‘totale’, che ricorreva nei miei e suoi studi, dal cinema dei pittori alla fotografia, e questo mi sembrò un ottimo punto di partenza.
Cominciò così un periodo esaltante di incontri tra noi, e sperimentazioni coi vari elementi, le forme, i colori, le composizioni musicali; alcuni furono quasi subito abbandonati, come l’acqua per creare un motivo musicale, altri ricomposti ancora ed ancora, fino a raggiungere un equilibrio che ebbe il suo apice nell’estate del 1980, prima con la Biennale di Venezia, poi con quella di Parigi.
Orchestra Solare 3, che fu presentata a Venezia anche grazie allo straordinario intuito di Luigi Carluccio, allora responsabile delle Arti Visive, ed alla collaborazione di Paolo Isotta per la componente musicale, fu costruita all’interno dei Giardini di Castello e, come più volte ribadito dalla stessa Biennale, era destinata a rimanere ‘in permanenza nella sede attuale come un segnale di Arti Visive ’80’. In realtà ci rimase per meno di dieci anni, poi fu rimossa su richiesta del Demanio.
La struttura era insieme maestosa e di una semplicità abbagliante. Nelle parole del Comunicato Stampa dell’epoca, ‘si tratta di una struttura in cemento e marmo formata da un piano inclinato semicircolare del diametro di m. 7 che, utilizzando il movimento e la luce del sole, filtrata attraverso una forma simbolica, colpisce un piano orizzontale composto da lastre di marmo di diverso colore e con il suo irraggiamento manda un impulso ad una cellula fotovoltaica, che altera il ritmo di un motivo musicale memorizzato su di un computer e ricreato su di un organo elettronico. È questo il motivo dei ‘Cori Solari’, dal Flauto Magico di Mozart. Il ritmo ovviamente varia secondo l’intensità luminosa.
L’opera, … rappresenta un esperimento di arte totale, coinvolgendo struttura, colore, forma e musica, … che ogni giorno realizza una sua metamorfosi.’
Chi si poneva di fronte ad Orchestra Solare coglieva immediatamente questo svolgersi congiunto delle 3 espressioni artistiche (la musica; la forma simbolica, come essenza della parola; i colori come essenza della arti visive) che durante il giorno sorgevano col sole, quando la musica era distorta, cosi come la forma luminosa, nel predominio del colore nero; per cominciare a muoversi col sole, sul rosso, insieme al crescendo della musica ed al definirsi progressivo della forma; per raggiungere il suo momento di perfezione a metà giornata, quando tutte e tre le espressioni artistiche raggiungevano il culmine, nel bianco, nella circolarità della forma, nell’apice del crescendo musicale. Poi iniziava la discesa nel pomeriggio, fino alla cessazione a sera, in attesa di una nuova aurora e di un nuovo inizio.
In realtà, Orchestra Solare rappresentava anche la conclusione di un lungo percorso di studio in due ambiti distinti, che con approfondimenti progressivi contribuivano ad accrescerne la perfezione.
Il primo ambito era quello dei nostri studi esoterici, che andavano dall’alchimia all’egittologia; già era indicativa la scelta del sole come principio ultimo, come motore primo dell’opera.
Esiste un geroglifico a El Amarna dove di vede il sole in alto nel cielo, cha manda i suoi raggi diritti verso il mondo, e questi, attraversando un simbolo (nel geroglifico, la croce della vita), portano i suoi doni all’umanità sottostante. In Orchestra Solare abbiamo usato lo stesso percorso, integrando un simbolo al centro di un semicerchio inclinato (la volta del cielo), che attraversato dal sole, andava a disegnare una forma su di un semi-ottagono al suolo (la terra).
Il simbolo scelto per Venezia è composto da una ruota solare, con tre raggi ruotanti.
In secondo luogo, ci fu la scelta dei colori, nero rosso e poi bianco, secondo l’interpretazione della nostra tradizione occidentale: il nero come segno della morte, della realtà, del limite. Il rosso come essenza del movimento, della passione, della rivoluzione. Il bianco, infine, come espressione della perfezione, della purezza, della luce. In altre culture, invece, il rosso e la meta finale, dopo l’interazione del bianco e del nero, lo yin e lo yang. In Orchestra Solare, i colori accompagnano il crescendo degli altri elementi, poi la loro lenta discesa.
Infine, tutto è regolato da un principio alchemico: quello che è sotto è uguale a quello che sta sopra. Infatti, se è vero che la composizione delle tre forme artistiche che si crea è unica in ogni momento del giorno, perché è sempre in movimento, lo stesso si può dire dell’unicità della combinazione nei diversi giorni dell’anno. In pratica, solo in un unico momento di ogni anno si potrebbe ripetere la stessa composizione. Il ciclo scandito dalle ore del giorno si rispecchia quindi nel superiore ciclo delle quattro stagioni dell’anno.
Il secondo ambito fu quello dei nostri studi filosofici, miei in particolare. Tre sono i colori, come tre sono i bracci del simbolo di Venezia, come tre sono le Metamorfosi di Zarathustra.
Prima il cammello, l’uomo della tradizione che si carica del suo peso, la conoscenza, e si inoltra nel deserto (il nero); poi il leone, lo spirito libero che rivendica la sua libertà, di movimento, di scelta e di rifiuto (il rosso). Infine, il fanciullo, che dopo la liberazione, raggiunge il momento di perfezione, scalando la montagna, leggero, danzando (il bianco).
Infine, torna la sera ed il fanciullo scende dalla montagna, la sintesi di oggi è finita, ma lui è pronto per l’Aurora, un nuovo giorno ed una nuova scalata, alla perfezione del bianco e del mezzogiorno. Come Sisifo ogni giorno ripete il suo movimento, ma a differenza di Sisifo che si conquista un attimo di pace disperata solo nella sconfitta (la discesa), il fanciullo danza gioioso nella salita del mattino, verso la cima della montagna; e la sera già attende sereno l’Aurora del nuovo mattino.
Ogni giorno dell’anno si ripete questo miracolo, in un Eterno Ritorno, circolare come è circolare la ruota che racchiude le tre braccia nel nostro simbolo di Venezia.
Nell’estate del 1980 io ed Osvaldo eravamo entrambi venticinquenni. I mesi estivi furono un momento unico di pienezza ed anche di esaltazione, dopo il lungo percorso di avvicinamento.
Ad agosto io poi partì per la Cina, alla ricerca di un’altra montagna sacra; ma in fondo quell’estate di per sé già rappresentò il nostro raggiungere la cima della montagna, la sintesi del mezzogiorno, il bianco/cerchio/crescendo musicale della nostra opera. Orchestra Solare fu la nostra perfezione raggiunta.
Da quel momento il simbolo cominciò a muoversi sul rosso, la musica a rallentare. Scendemmo la montagna cominciando a pensare ad un nuovo mattino, ad una nuova avventura nel mondo.
Ora ci pare giusto ricordare quell’opera unica, che doveva essere permanente e per qualche motivo, o forse errore, permanente non fu. In realtà, permanente Orchestra Solare lo sarà sempre; ci piace pensare che resterà immortale, una leggenda come l’Iperboreo, Camelot, Atlantide.
Costruita dal sole e poi consumata dalle nebbie e dalla burocrazia. Un’icona tramandata da poche parole scritte, da qualche immagine sbiadita, come una traccia lasciata dal tempo per sempre e sulla sabbia.
Archeologia dell’arte, un libro.
geroglifico di El Amarna
un’arte totale col sole
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